Una domenica a Buenos Aires

Domenica a Buenos Aires

Domenica di elezioni in Argentina. La domenica mattina le strade di Buenos Aires solitamente sono deserte. Gli assordanti rumori causati del traffico e della gente che avvolgono la megalopoli Argentina sembrano scomparire di colpo ogni domenica mattina, puntuali e precisi. Porteños di classe medio alta, e non, preferiscono almeno per un giorno a settimana, almeno domenica, lasciare la macchina parcheggiata e fare due passi a piedi per godersi una passeggiata in uno dei tanti parchi della capitale o lungo el Rio de la plata, fiume che bagna Buenos Aires. Ma questa domenica 27 ottobre è diversa. Mi dice un mio amico che oggi in città non si respira quella pace e quella calma. Una pace che io in prima persona ho avuto modo di sperimentare per ben due domeniche lo scorso luglio nella maestosa Avenida Cordoba e nella 9 de Julio. 

Oggi il clima è teso, l’aria è tagliente ma pesante, oggi si vota per le politiche.

Già da qualche domenica a Buenos Aires, e non solo

A pensarci bene, forse questa pace e tranquillità non c’era nemmeno domenica scorsa, e forse neanche quella precedente. Una brutta aria si respira laggiù, in Sud America, non solo a Buenos Aires ma anche a Córdoba, Ushuaia, Salta e Mendoza. Non solo a Cordoba, Ushuaia Salta e Mendoza ma anche a Santiago de Chile e La Paz. Non solo a Santiago e La Paz ma anche a Quito e Caracas. Potrei continuare.

Elezioni in argentina
Avenida 9 de Julio, Buenos Aires.

In Bolivia le proteste per la “magica vittoria” del riconfermato presidente Evo Morales che hanno spazzato via la possibilità di un secondo turno non cessano. Mentre il Perù sembra essere senza un esecutivo stabile il Cile è sotto assedio e fa i conti uno stato di emergenza dichiarato e con circa 10.000 soldati schierati dal presidente Piñera nelle strade, come non si vedeva dai tempi di Pinochet. In Venezuela si è consumata, si consuma e si continuerà a consumare una delle più gravi crisi umanitarie della storia. In Ecuador, almeno per il momento, le manifestazioni contro il decreto voluto dal Presidente Moreno sembrano essere cessate, ma gran parte del paese rimane sul piede di guerra.

In tutto questo caos che sta travolgendo l’America latina, oggi, domenica 27 ottobre almeno in Argentina e in Uruguay si pensa solo ad una cosa: eleggere il futuro presidente. Cosa aspettarci quindi dalle elezioni di domenica in argentina e perché queste potrebbero essere ricordate per essere le prime a segnare un cambio politico verso sinistra? Chi sono i candidati?.

Parliamo di Elezioni in Argentina

Oggi 27 ottobre in Argentina si vota per eleggere il nuovo presidente, i membri del congresso nazionale e i governatori di 23 province del paese. Alberto Fernández del Frente de Todos contro Mauricio Macri Juntos por el Cambio. I mercati finanziari ritengono e che un orientamento politico a sinistra, di nuovo verso il peronismo, porterà a una maggior instabilità macroeconomica mentre gli speculatori attenderanno i risultati di stasera prima di decidere se far crollare la borse di Buenos Aires, domani. Gli ultimi sondaggi accreditano il peronista Fernandez al di sopra del 50%, la soglia minima per evitare il ballottaggio (soglia che si abbassa al 45% a patto di avere dieci punti di vantaggio sul secondo. I due stra favoriti per una poltrona alla Casa Rosada, sede del governo, sono Macri e Fernandez.

Mauricio Macri

Identikit: Mauricio Macri, ex presidente del Boca Junior dal 1995 al 2007, storica squadra di calcio della capitale argentina dove hanno militato leggende del calcio mondiale. Definito dal New York Times del 2016 uno dei 100 uomini più potenti al mondo è stato, ed è tutt’oggi presidente della Repubblica Argentina dopo aver vinto le consultazioni elettorali del 2015 contro lo sfidante Scioli. Dopo la vittoria Macri sembrava il salvatore della patria, un pò come tutti i presidenti neo eletti di tutti i paesi del mondo. Poi con il tempo gravi vicende hanno macchiato la sua presidenza come il caso Santiago Maldonado e il caso Choqobar. Lo scorso anno una grande crisi ha fatto precipitare il valore del peso argentino riportandolo a livelli simili a quelli del 2001. Il presidente Macri chiese quindi un prestito da “quattro soldi” al Fondo monetario, appena 57 miliardi di dollari, promettendo e poi realizzando aumenti sull’elettricità, gas e mezzi pubblici. La crisi ha messo a dura prova l’economia del paese. L’Argentina è in piena recessione da un anno con tassi d’inflazione superiori al 50 per cento.(Economist)

Alberto Fernandez (Cristina Fernandez)

Alberto punta centrale, Cristina regista : per usare una metafora calcistica, è’ questa la formazione schierata dal peronismo per contrastare il presidente Macrì . Alberto Fernandez è un uomo moderato che fu capo del Gabinetto dei Ministri dal 25 maggio 2003, posizione di grande potere che ricoprì anche dopo l’arrivo alla presidenza della first lady, la senatrice Cristina Fernández de Kirchner. La seconda presidente donna dell’intera storia della repubblica argentina, Cristina come la chiamano comunemente in Argentina, si ricandida come vice presidente dopo essere stata presidente per due mandati dal 2007 al 2015. E’ pretenzioso e impossibile cercare di chiarire in poche righe cosa ha fatto Cristina come presidente, e ancora più difficile è rispondere alla domanda, cosa rappresenta Cristina oggi? Per rispondere occorre studiare il Peronismo. I peronisti in origine erano chiamati “gli scamiciati”, ad indicare simbolicamente la provenienza dagli strati popolari della società. Si tratta, secondo wikipedia, di un movimento politico talvolta definito definito populista, che unisce il socialismo, il patriottismo, la terza via economica del fascismo italiano e il socialismo nazionale (Wikipedia).

I Kirchner (Cristina e suo marito, anch’egli presidente prima del 2007) sono dei seguaci di questa corrente che io definirei statalista/protezionista che diffida quindi degli investimenti privati e tende ad accentrare il potere nelle mani dello stato e delle province. Con la presidenza di Cristina la povertà si è ridotta considerevolmente, ma allo stesso tempo sono stati truccati i dati sugli indici reali dell’inflazione. Durante la sua presidenza sono state fatte nazionalizzazioni (caso studio è quello della compagnia aerea di bandiera Aerolineas Argentinas) e sono stati concessi aiuti e finanziamenti alla cultura e all’educazione come mai prima; allo stesso tempo sono aumentati i casi di corruzione. 

 

Che vinca il migliore?

Possiamo definire Macri di destra e Cristina di sinistra? Forse si. Possiamo definire un disastro senza precedenti le politiche economiche di Macri e una vergogna i casi di Corruzione di Cristina? La risposta che mi sento di dare è la stessa. Si.  Perché queste elezioni potrebbero rappresentare l’inizio di un nuovo ciclo in America Latina? La destra, o meglio il modello neoliberista, è in piena crisi come non si vedeva da anni, ma questo non vuol dire che le alternative venezuelane e boliviane brillino di luce propria. Le elezioni in Argentina potrebbero segnare un cambio di rotta e un’inversione di tendenza? Questo è presto per dirlo

L’unica certezza oggi è che l’Argentina è in crisi economica e rischia di finire nel baratro per colpa delle speculazioni finanziarie. Il tema della ristrutturazione del debito, l’aborto, e la crescita sono i temi caldi di questa campagna elettorale, così come la corruzione. L’Argentina secondo transparency international (2018) ricopre la posizione numero 85, su 180 paesi, per livelli di corruzione (tanto per capirci l’Italia è alla posizione numero 53, prima è la Danimarca).

Che vinca il migliore, oppure come dicono a Buenos Aires, che vinca il meno peggio.

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