Viaggiare a La Guajira: dal Cabo alle dune di Punta Gallina

Viaggiare a La Guajira

Patria di Gabriel García Márquez e Pablo Escobar, La Colombia, terra incantata e magica, diseguale e e violenta, montagnosa e costiera. La sua bandiera è gialla come la sabbia del deserti del Tatacoa e de La Guajira; blu come il mare dei Caraibi; rossa come il fiume Cañó Cristales.

Scopri come viaggiare a la guajira seguendo la seconda parte del nostro racconto.

L’arrivo a Cabo de la vela

Dopo più di sette ore di macchina e jeep io e Álvaro arriviamo finalmente al Cabo, stremati ma con un gran entusiasmo.

Non è possibile descrivere in poche parole la semplicità di quel posto remoto e sperduto della Colombia. Ci colpisce immediatamente il mare calmo e azzurro più del normale, senza un’onda nonostante il vento molto forte, le amache appese a capanne di legno a pochi metri dall’acqua . Il Cabo non è altro che una via principale sterrata, dove sono ubicate qua e là strutture turistiche improvvisate, amache e ristoranti.

La ricchezza culturale della penisola è rappresentata dalle comunità indigène Wayuu. Queste comunità occupano ormai la Guajira da secoli, e sono loro, senza ombra di dubbi, i veri abitanti della penisola.

Le comunità Wayuu sono composte da piccoli nuclei familiari, la loro economia di sussistenza gli permette solo di vendere borse che producono a mano grazie a dei fili di tessuto colorati ultra resistenti. Mentre le 4×4 attraversano il deserto della Guajira i bambini delle comunità appendono ai due estremi della strada sterrata delle corde, in modo da costringere il veicolo di turno a fermarsi.

Niente meglio di questo cartello, che ci ricorda di non lanciare ai bambini pesos dalla macchina, ci fa capire la difficoltà dei Wayuu. Ogni anno avvengono decine e decine di incidenti, spesso mortali, che hanno come vittime proprio loro, i bambini. Incentivare il turismo sostenibile comprando le borse fatte a mano dalle comunità Wayuu senza tentare troppe speculazioni sul prezzo giocando al ribasso vuol dire praticare un turismo sostenibile.

Nel viaggio al Cabo condividiamo con altri due ragazzi in una sorta di carsharing. Uno di loro lavora per il World food PROGRAM (WFP) , il programma dell’ONU sull’alimentazione e ci racconta che lavorare con le comunità Wayuu è complicato. Sono molto poveri e e hanno bisogno di assistenza primaria, il WFP molto spesso raccoglie interi sacchi contenenti cibo, che vengono consegnati ai leader delle tribù familiari. Quando gli aiuti alimentari contengono carne di capra, le comunità le rifiutano sistematicamente. Per loro le capre sono per loro animali da rispettare e non da cucinare. Un altro problema delle comunità Wayuu è che sono micro società molto individualiste, basate sul vincolo familiare. Questo rende difficile una pianificazione di aiuti da parte delle istituzioni che possa includere tutte le comunità senza distinzioni.

Dopo un giorno intero al Cabo passato a scoprire gli angoli delle cale nascoste e ad arrampicarci su dei colli per vedere il sole che viene inghiottito dal mare al tramonto, la mattina dopo decidiamo di imbarcarci un’altra avventura. Le opzioni erano due, o proseguire il nostro viaggio verso nord, per raggiungere Punta Gallina, la parte più settentrionale del continente latino americano, oppure andare nella città di Maicao, dove una professoressa dell’Università Della Guajira conosciuta nel viaggio di andata ci aveva invitato a trascorrere un giorno con lei e la sua famiglia e farci da guida, perché incuriosita dal nostro spirito di avventura. Optiamo per la prima scelta.

Partiamo alle 4 di mattina con una jeep dal Cabo verso Punta Gallina. Il conducente si ferma dopo due minuti per mettere benzina, appena ripartiti immediatamente si ferma ancora 500 metri,più avanti per salutare la moglie, visto che sarà fuori almeno due giorni. Dopo le due breve soste ripartiamo alla volta de la guajira. Alle 11 di mattina arriviamo a punta gallina, o meglio quasi.

L’ostello che ci accoglie stravolta è munito di cucina, amache e bagni chimici, il minimo indispensabile, sperduti nello stepposo deserto, con un cielo cobalto si respira solo sabbia e tranquillità. Dall’ostello ancora un ora di jeep per arrivare nelle maestose dune di punta gallina. Dune imponenti a picco sul mare, un paesaggio lunare simile forse alle dune brasiliane di Maranhao. Questo infondo è la Guajira. Un deserto abitato da comunità indigene e figli di immigrati africani e del medio Oriente arrivati qui nel recente passato, un mare calmo e un vento forte, la desolazione è il cielo azzurro tutto l’anno.

Guardando il mare si ha alle spalle tutta l’America Latina, da lì in giù inizia la magia. l’accoglienza dei latinos, la natura selvaggia, i paesaggi mozzafiato da Iguazú alla cordillera andina, tutti da qui in poi. Un vento forte soffia tra le dune, alza la sabbia, penso al Perú alla Bolivia che è il viaggio che avrei intrapreso da lì a due settimane, penso a un continente tutto da esplorare e mi chiedo in silenzio o ad alta voce se basterà una vita per scoprire ogni angolo nascosto dell’America latina.

La risposta ora non c’è, ma di sicuro La Guajira adesso è tutta mia.

Luca Di Pietro

La Guajira Colombia, Novembre 2017

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