Tra asce e fiamme – la deforestazione in Amazzonia

deforestazione in Amazzonia

La deforestazione in Amazzonia – C’è una parte di noi che non c’è più e che ci ha lasciato per sempre. L’abbiamo persa perché non l’abbiamo curata, non gli abbiamo dato le attenzioni che meritava come in una storia d’amore senza lieto fine. Sicuramente la sua assenza si farà sentire e le conseguenze della nostra scelta sciagurata di lasciarla scappare, o meglio dire lasciarla ardere, saranno difficili da superare.
La foresta amazzonica brucia e le ragioni sono tante forse troppe, proprio come le fiamme che l’avvolgono, sono tante e forse troppo alte per essere spente.
Oltre a condividere un post con qualche hashtag per sensibilizzare i propri amici e familiari sulla catastrofe è necessario sapere qualcosa di più. Perché brucia? Si può rimediare? Io comune mortale posso contribuire a fermare la deforestazione?.

Deforestazione in Amazzonia, Colpa di Bolsonaro?

L’imputato numero uno sui principali media italiani e non é lui, il neo presidente brasiliano Bolsonaro.
Dai primi mesi del suo governo il presidente si è sempre dimostrato del tutto indifferente nei confronti del patrimonio naturale  e  culturale brasiliano, visto e considerato che nella foresta vivono migliaia e migliaia di nativi indigeni. Non bruciano solo piante e fiori, bruciano animali, ma soprattutto, bruciano persone.
E’ bene ricordare che la deforestazione in amazzonia è una pratica abituale dagli anni 40 del secolo scorso, nata dalle necessità di nuove aree coltivabili. Nei Paesi in via di sviluppo, la deforestazione è la diretta conseguenza della necessità di creare nuove terre da destinare alle colture e all’allevamento: buona parte della popolazione vive ancora con un’economia di sussistenza quindi ne ha effettivamente bisogno. Il problema è che tali terreni vengono poi acquistati dagli speculatori, che li destinano allo sfruttamento edilizio o minerario.
Anche la necessità del legname come combustibile produce un aumento del fenomeno. Il legname rimane ancora la materia prima per eccellenza come combustibile: un terzo della popolazione mondiale necessita del legno per poter riscaldare le proprie abitazioni.

Dal 1977 al 1988 i ritmi di deforestazione in amazzonia arrivavano fino al 20% ogni anno mentre solo nel 2017 si è arrivati al 7% secondo il Guardian. Se queste considerazioni fanno ben sperare è doveroso ricordare che sempre secondo i dati pubblicati dal periodico inglese dal 1970 ad oggi si sono persi circa 783 km2 di foresta amazzonica, due volte l’intera superficie dell’Italia per intenderci. Chiaramente la deforestazione è un fenomeno sporco e vile, molte volte per «liberare»un terreno da alberi millenari si appicca un incendio «accidentalmente » invece di chiedere i leciti permessi. È più facile e più rapido ma non indolore.
Un hastag che ci ha colpito durante la diffusione della notizia degli incendi é stato #Actforamazonas. Act? Si ma come?

Che fare per fermare la deforestazione in Amazzonia?

deforestazione in Amazzonia
deforestazione in Amazzonia

Mangia meno carne

A seguito di un’indagine durata oltre un anno, Greenpeace ha scoperto che grandi aziende argentine dedicate alla produzione e alla lavorazione di carne sono legate alla deforestazione del Gran Chaco ed esportano carne in Europa e Israele. Il risultato è che, legata a questo disboscamento, c’è anche l’importazione di molta della carne che mangiamo in Europa.

«Ogni anno in Europa vengono consumati in media 85 chili di carne e 260 chili di prodotti lattiero-caseari pro capite,  più del doppio della media globale. La richiesta di prodotti di origine animale ha portato l’Ue a diventare il secondo principale importatore di soia (e derivati) a livello globale. Ogni anno arrivano in Europa circa 33 milioni di tonnellate di questa leguminosa, l’87% dei quali destinati all’alimentazione animale: il 50% per polli da carne e galline ovaiole; il 24 per cento per i suini; il 16% per le vacche da latte; il 17% per i bovini da carne; e il rimanente 4%o per i pesci da allevamento ed altre tipologie di carni. Le importazioni di soia in Europa sono così massicce da rappresentare il principale contributo dell’Ue alla deforestazione globale. Ma la situazione è destinata a diventare ancor più allarmante. Recentemente, infatti, l’Unione europea e il Mercosur – il gruppo composto da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, riuniti nel mercato comune dell’America meridionale – sono giunti a siglare un accordo di libero scambio dopo un negoziato avviato nel 1999. Attraverso questo accordo, i due blocchi sono determinati, fra l’altro, ad incrementare gli scambi aumentando l’importazione in Europa di materie prime agricole dal Sud America, con notevoli rischi per l’ambiente e i diritti umani. Tra i prodotti in questione ci sono infatti carne bovina, pollame e soia OGM (destinata alla mangimistica), prodotti che si collocano al primo posto fra le cause della distruzione delle foreste sudamericane» . Dal rapporto Greenpeace FORESTE AL MACELLO: IL CASO DEL GRAN CHACO del Luglio 2019 :

Una soluzione non c’è o forse si, dipende da tutti noi. Intanto mentre tu leggi queste righe noi di Euro Lain Cooperation controlliamo le visualizzazioni di questo post l’Amazzonia brucia .

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