Venezuela 2019 : Tra fake news e verità

Venezuela noticias falsas

Iniziamo l’anno con un approfondimento sul Venezuela 2019 di Maduro; Proprio oggi infatti, 10 Gennaio 2019, il successore di Chavez giurerà davanti al Tribunale Costituzionale e al Parlamento, dove l’opposizione ha la maggioranza dei seggi, per un nuovo mandato come Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela.

Noi di Euro Latin Cooperation abbiamo scritto articoli e dedicato spazio nel nostro blog alle elezioni in Venezuela del 2018  e alla crisi economica. Oggi, con questo nuovo articolo, e la settimana prossima con la pubblicazione seconda parte, cercheremo di venirne fuori una volta per tutte. Abbiamo letto, studiato, passato nottate cercando di capire perchè nessuno interviene per fermare il tiranno Maduro, perchè e come fa a resistere questo presidente isolato e accerchiato economicamente e politicamente. Perchè non cade la dittatura?

Abbiamo la risposta. Buona lettura.

La premessa è doverosa:

Per capire il ruolo dello stato bolivariano e della presidenza Maduro, della crisi economica e dell’industria petrolifera è necessario studiare, non solo la storia del Venezuela ma anche quella dell’America Latina negli ultimi 200 anni.

Navigando in rete ci siamo accorti che la maggior parte della stampa europea (La Repubblica, Panorama, El Pais etc) ha divulgato fake news in questi anni sul Venezuela, semplicando e inventando fantasiose realtà. Scrivere un articolo da Roma o Londra non è la stessa cosa che vivere e commentare i fatti dal paese. E’ uno stato quello venezuelano con un grande conflitto ideologico interno, polarizzato, per questo bisogna diffidare anche delle news «interne» che ci vengono date dal governo (per esempio Telesur, la televisione di stato) e dalla cosidetta opposizione (frammentata, divisa in fazioni, alcune di queste finanziate da multinazionali americane che vogliono la fine del socialsmo per tornare a fare profitti nel paese) .

Per capire il Venezuela non si possono neanche ascoltare le dichiarazioni dei politici statunitensi, ultima quella di Mike Pompeo in visita in Colombia, e prenderle per veritiere : tutti sanno che gli Stati Uniti hanno la volontà politica ed economica di rovesciare il governo del Venezuela e liberare dal socialismo il paese più ricco di riserve di petrolio al mondo. La storia parla chiaro, «los gringos» (nickname per i nord americani, molto usato in America latina) lo hanno fatto, o almeno ci hanno provato, in Iraq, Cambogia, Vietnam, Libia, El Salvador, Colombia, Puerto Rico. Lo stanno facendo in Siria e Nicaragu. Perchè quindi stupirsi?.

Dal 1998, cioè dall’avvento al potere di Hugo Chavez dopo la vittoria alle urne, ad oggi si sono tenute nel paese più di 22 elezioni tra costituenti, elezioni parlamentarie e presidenziali che hanno contato con una grande partecipazione (tra le medie più alte in America Latina) due perse dall’attuale maggioranza di governo, che ha sempre riconosciuto le sconfitte, mentre le altre sono state tutte vinte.

I più brillanti politologi ci insegnano che la dittatura è una forma autoritaria di governo che accentra il potere in un solo organo, non limitato da leggi, costituzioni, o altri fattori politici e sociali interni allo Stato. Sua caratteristica è anche la negazione della libertà di espressione e di stampa.

Proprio per questo il Venezuela non può essere considerato una dittatura.

Le teorie complottiste, le accuse contro maggioranza e opposizione sono all’ordine del giorno. Governo e opposizione rivendicano entrambe di subire torti dalla controparte. Il governo è accusato dall’opposizione di condurre una dittatura, mentre l’opposizione è accusata dall’esecutivo di condurre azioni di sabotaggio dell’economia e attacchi terroristici contro lo stato bolivariano. E’ evidente che da entrambe le parti esistono responsabilità, colpe e poca onestà. Ma sono sufficenti questi fattori per attribure al Venezuela il carattere di Stato-dittatura?

Noi riteniamo di no. Perché semplicemente perchè mancano gli elementi fondamentali delle dittature:

  • Il Parlamento è in mano all’opposizione come risultato di democratiche elezioni, legifera, dispone dei mezzi per divulgare la propria attività, anche di un sito ufficiale.
  • Dal 1998 ad oggi in Venezuela ci sono state più di 22 elezioni democratiche, sempre con osservatori internazionali. I governi bolivariani hanno sempre invitato i delegati e gli osservatori elettorali delle più importanti organizzazioni internazionali. Nelle ultime elezioni, lo scorso maggio 2018, è stato riportato che le opposizioni non hanno potuto partecipare alla consultazione popolare, o come ha scritto La Repubblica «sono state escluse»: una grande fake news. La scelta del boicottaggio, da parte peraltro di una sola parte dell’opposizione è stata una scelta volontaria.
  • Ci sono nel paese 81 organi di stampa privata (giornali, riviste, radio e televisioni) e ancora blog web radio giornali online. Organi che spesso sostengono, avvalendosi della libertà di stampa, che la libertà di stampa non c’è (L.Vasapollo 2018).

La costituzione è stata votata dal popolo venezuelano, questa preveda la divisione del potere: esecutivo, giudiziario e legislativo. In più c’è come potere elettorale il CNE e un tribunale giudiziato supremo. Ben 5 organi. Il Parlamento del Venezuela funziona, il dibattito tra maggioranza e opposizione c’è ed è visibile a tutti, basta sintonizzarsi sui canali istituzionali per rendersene conto. Quale dittatura concede al Parlamento, oggi tutto in mano all’opposizione, una simile libertà di espressione e divulgazione?

Fatti da verificare, Fake news e complotti, ecco riportati alcuni esempi:

 1- «Il Tribunale costituzionale sospende il Parlamento, l’opposizione grida alla dittatura, la Presidenza risponde che il procedimento è legittimo»

Recentemente la maggior parte dei quotidiani internazionali ha accusato Maduro di aver sospeso il Parlamento, si è gridato alla dittatura. Ma non è andata proprio cosi. Data la situazione d’emergenza economica il governo ha proposto un pacchetto di misure per salvare l’economia dal default provocato anche, come abbiamo visto dalla crisi e dalle sanzioni, volute dagli USA e dalla crisi del petrolio provocata il dai sauditi, e lo ha presentato in Parlamento, in mano all’opposizione, per discuterlo e approvarlo. L’opposizione ha rifiutato ogni dialogo e quindi, in via eccezionale, Governo ha proceduto con sospensione (costituzionale) delle attività parlamentari di 4 giorni solo per l’apporvazione del” decreto de emergencia económica y estado de excepción” . Il Tribunale Costituzione ha giudicato “legittima e costituzionale”  la seguente procedura perchè prevista dalla carta fondamentale, che ricordiamo è stata votata dai venezuelani. Nessuna forzatura, nessuna dittatura, tutto legale.

2 – Maduro è accusato di corruzione dal Tribunale costituzionale (in esilio):deve dimettersi.

In questi anni, il ciclone di corruzione dell’impresa Odebrecht ha fatto tremare quasi tutti i governi dell’America Latina. Dal Brasile quest’impresa di appalti otteneva concessioni, in cambio di tangenti, per costruire aereoporti, strade, edifici, metropolitane da Bogotà a Buenos Aires, da San Paolo a Caracas. Da qui l’accusa contro Maduro per aver intascato soldi per la sua campagna elettorale nel 2013 in cambio della concessione di appalti a Odebrecht in Venezuela. Maduro è stato condannato dal «Tribunale di Giustizia costituzionale in esilio» a 18 mesi di carcere e sospensione da tutte la cariche pubbliche. La sentenza non è stata rispettata dal presidente.

Perché Maduro non rispetta la sentenza?

Perché la decisione è arrivata nel 2018 dal Tribunale costituzionale in esilio e non dal Tribunale Costituzionale di Caracas . Il primo è un organo, non riconosciuto dal governo, composto da magistrati in esilio volontario per aver ricevuto presunte minacce. Le riunioni del Tribunale in esilio vengono fatte via Skype perché ogni membro vive in un paese differente (Cile, Ecuador, Panama). La sentenza è stata notificata a Maduro via gmail. Ma vediamo i fatti.

Nel mese di luglio 2017, l’Assemblea nazionale ha nominato tredici magistrati principali e venti sostituti, sostituendo quelli nominati in modo irregolare nel dicembre 2015 dall’Assemblea uscente.

Tuttavia, alla luce delle precedenti decisioni della Corte suprema su questo stesso argomento (n. 225/2016 e n. 647/2016), la Camera costituzionale con sentenza n. 545 del 20 luglio 2017 ha dichiarato nulla questa decisione della Assemblea Nazionale accusando i giudici di aver sostenuto il reato di «usurpazione delle funzioni» previsto dall’articolo 213 del codice penale. Questa misura ha portato le agenzie di intelligence statale ad arrestare alcuni di questi giudici (Ángel Zerpa, Jesús Rojas e Zuleima González); il primo è stato persino processato dalla giustizia militare, mentre il resto è riuscito a scappare in per chiedere l’asilo negli Stati Uniti, il Cile o la Colombia.

Per dare l’idea, i giudici si sono riuniti a Washington con il sottosegretario alla presidenza degli Stati Uniti per decidere i successivi passi da compiere. Cosi è nata l’iniziativa di creare «Il Tribunale costituzionale in Esilio» con la benedizione degli Stati Uniti e del governo ultra conservatore colombiano. Non possiamo dimenticarci però delle accuse contro Maduro di corruzione, che ci sono e rimangono sul «tavolo» delle opposizioni. Ma tenendo presente il contesto, ovvero l’Amerca Latina, non deve sorprenderci più di tanto. Anche l’ex premio nobel per la pace Santos nonchè ex presidente colombiano, Lula da Silva e altri politici e volti noti sono stati accusati di corruzione per Odebrecht. In questa sede non vogliamo giudicare o assolvere nessuno pero è opportuno ricordare e tenere a mente che in Amerca Latina la corruzione forma parte della vita quotidiana della politica, quasi come fosse un’istituzione senza tempo. Queste accuse contro Maduro quindi non possono rappresentare una giustificazione per l’isolamento internazionale di uno stato, il blocco di aiuti almentari e le minacce d’invasione.

Senza dubbio dichiarare che “la fame del popolo venezuelano è colpa solo di Maduro” è sbagliato e falso, com’è sbagliato e falso dire che il governo non ha mia usato la repressione per fermare manifestazioni non autorizzate o che non sta incorrendo in una sempre più evidente «forzatura (in)costituzionale. Vi dimostreremo cause e colpe della fame in Venezuela nell’articolo della settimana prossima. Ora concentriamoci sulla madre di tutti i problemi: il petrolio.

Petrolio e Potere

Prima del 1998, ossia prima della vittoria di Hugo Chavez alle elezioni presidenziali, gli introiti derivanti dalle attività petrolifere l’85% andavano alle multinazionali e il restante rimaneva nelle casse dello stato.

Con la nazionalizzazione dell’impresa privata Pdvsa le entrate nelle casse dello Stato raggiunsero l’80% del totale. Denaro speso in progammi sociali e di redistribuzione della riccchezza. Nonostante questa scelta le multinazionali straniere decisero di restare in Venezuela per gestire la parte restante: questo testimonia la convenienza economica che continuavano a ricevere.

Grazie all’efficacia delle politiche sociali venzuelane di Chavez l’UNESCO nel 2005 proclamò il Venezuela chavista “territorio libero dall’analfabetismo”, problema sociale che riguarda la maggiorparte dei paesi latini. Le politiche sociali di Chavez hanno dimezzato gli indici di povertà e garantito un’equa redistribuzione delle risorse. Misure per combattere la povertà: creazione di 1000 scuole pubbliche, costruzione di case popolari (2,5 milioni di appartamenti) per le fasce più povere della popolazione e altri porgrammi e investimenti per il sociale, come le “Misiones”.

Le Misiones sono politiche pubbliche pensate per ridurre le diseguaglianze sociali e la povetà come la “Gran Mision hijos de venezuela” e la «Gran mision vivienda venezuela «.

Appoggiato da Russia, Cina, Bolivia, Cuba, Ecuador e in un primo momento dall’Argentina, contrastato dagli USA, Chavez prima e Maduro poi hanno subito e stanno subendo ancora oggi (come sottolineato recentemente da un deputato russo) vari tentativi di colpi di stato.

Dopo la Morte di Hugo Chavez il Venezuela diventò obiettivo economico e militare degli Stati Uniti appoggiati dai media di tutto il mondo. Il Venezuela andava liberato, la sua economia aperta al mercato. Per farlo fu necessaria una guerra, ancora in corso, una guerra economca con il blocco di forniture alimentari e sanzioni economiche, una guerra ideologica e mediatica cavalcando l’onda della disinformazione e delle tante fake news.

Troppa spesa pubblica, il governo doveva staccarsi dal petrolio? Le vere responsabilità sono di altri

La più grave responsabità attribuita al governo è stata quella di non aver speso in infrastrutture concentrandosi solo sulle poltiche sociali, finanziate con il petrolio a quota 100 dollari al barile. Ma molti non sanno che, quando questa scelta fu compiuta dai governi venezuelani, nelle previsioni economiche degli stessi «accusatori» (ossia le maggiori istituzioni finanziarie come FMI  e BM ma anche dell’OPEP e della principale multinazionale del petrolio statunitense Exo Mobil) c’era ottimismo sul prezzo del petrolio. Previsioni di prezzi stabili, che fino al 2029 garantivano i prezzi quasi invariati e stabili sulla fascia dei 100 dollari a barile. Cosi, con questi dati e previsioni autorevoli è stata costruita la politica interna del governo : scuole gratuite dall’asilo all’università per i venezuelani e introduzione di un servizio santario gratuito finanziato per la maggiorparte con i proventi derivati dalla vendita del petrolio.

Entrambi, Chavez e Maduro, stabilirono il limite della dipendenza dell’economia del petrolio nel 2028 e non nel 2014 per questo scoppiò la crisi venezuelana. Con la previsione c’era il tempo per riconvertire l’economia e sviluppare reti e infrastrutture e destinare sempre meno al modello della rendita petrolifera.

Fracking e armi: il petrolio viene giù

Gli USA hanno iniziato a praticare il cosiddetto Fracking (estrazione di petrolio mediante bombe d’acqua d’idrogeno nel terreno che causa danni ambientali incalcolabili) per aumentare la quantità di petrolio prodotto. Per la legge della domanda e dell’offerta più aumenta l’offerta più dimiunuisce il prezzo. In accordo con la “dittatura” , quella vera, dell’Arabia Saudita sulla produzione di greggio, i prezzi scesero. I sauditi quindi si sono impegnati a garantire bassi i prezzi del petrolio anche per danneggiare i vicini Iraniani e firmare con la casa bianca accordi multimiliardari per la vendita di armi made in USA.

La caduta del prezzo del petrolio del 63% (determinato da fattori esterni) e l’impossibilità  di mantenere quella crescita economia auspicata è una dei fattori che spiegano parte della crisi venezuelana.

La cosa che ci deve far riflettere ulteriormente è che in numerosi discorsi del presidente Maduro c’è un apertura al dialogo, il dialogo non solo con le opposizioni ma anche con gli Stati Uniti. Infatti durante l’intervento del presidente Venezuelano alla riunone dell’Assemblea dell’ONU lo scorso 27 settembre 2018 lui stesso dichiarò la sua disponibilità immediata a fissare un’incontro con Trump. La delegazione USA in cambio accennò una risata.

Abbiamo trattato la questione del petrolio e dell’assetto costituzionale, entrando nel merito e smontando alcune fake news. Altri temi quali la crisi alimentare, il ruolo degli Stati Uniti e dell’ Opposizione saranno discussi la prossima settimana con la pubblicazione della seconda parte dell’articolo.

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