Venezuela alle urne, 2000 parole non bastano

E’ da un po’ che non sentitamo parlare del Venezuela. Sarebbe interessante riflettere sul perché i media italiani non si preoccupano più di dare notizie su ciò che sta succedendo ogni giorno nel paese latinoamericano.

Oggi cercheremo di capire e di raccontare cosa sta succedendo in queste ore in Venezuela. Lo faremo attraverso testimonianze di persone che vivono li o che hanno attraversato il confine con la Colombia o altri paesi e che sono dovuti fuggire richiedendo asilo politico

Il 20 maggio 2018, i cittadini venezuelani sono stati chiamati a votare per le elezioni Presidenziali. I risultati delle elezioni sono chiari pero contestabili : Maduro si e’ aggiudicado per altri sei anni la presidenza della Repubblica Venezuelana. I futuro ora assomiglia ad una nuvola nera carica di debito, corruzione e scarsità di cibo.
I tempi d’oro in Venezuela sono ormai un lontano ricordo. Da quando il petrolio, principale fonte di entrate monetarie per lo stato, è crollato dai 98,98$ dollari al barile nel luglio 2014, ai 47,05$ alla fine di quell’anno per poi stabilizzarsi ad una media di 35,16$ nel 2016.

La crisi economica venezuelana è «la più grande» crisi mondiale registrata negli ultimi 50 anni, avverte il FMI, e sembra continuare senza speranza. (* I) Il PIL si è contratto del 45% dal 2013, secondo il FMI, passando da 400.000 milioni di dollari a 120.000 milioni. «Indicatori di un paese in guerra», secondo Asdrúbal Oliveros, di Ecoanalítica. (* II)

* (I, II) Dati El Universo.

In Venezuela il clima tra regime e popolo è ogni giorno più teso. I venezuelani non confidano nelle elezioni perché sostengono che queste rappresentino solamente un strumento per legittimare il potere delle élite dominanti. «Nel Paese non c’è alcuna competizione elettorale», spiega Alfredo Romero, direttore del Forum criminale venezuelano. (* III)

Secondo Romero, durante i suoi cinque anni al potere, Maduro ha «tolto di mezzo» i leader più importanti dei partiti dell’opposizione con astute mosse quali, la carcerazione forzata (caso di Leopoldo López), costringendoli all’esilio (caso di Antonio Ledezma) o squalificandoli (caso di Henrique Capriles). (* IV)

Queste elezioni venezuelane presentano due grandi incertezze:

1. La prima riguarda la condizione dell’opposizione a Maduro. In Venezuela l’opposizione non è mai stata completamente annientata nonostante i vari tentativi del regime. Le previsioni e le speranze dell’opposizione sono riposte in un’astensione che non raggiunga il 70%, poiché molti venezuelani sono confusi e scettici riguardo all’utilità del voto. (* V)
2. L’altro punto, riguarda la «tragedia sociale». La stessa che ha fatto sì che l’opposizione non sia mai riuscita a superare le proprie divergenze interne emerse negli ultimi anni, impedendogli di diventare una vera alternativa al potere del regime, nonostante il sostegno ricevuto anche dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. (* VI)

* (III, IV, V, VI) Dati offerti tramite ElPais.

Anche la Spagna, attraverso il suo governo, fa sapere che le Presidenziali del 20 maggio in Venezuela non soddisfano le condizioni minime atte a garantire il corretto funzionamento delle elezioni. Ipotesi sostenuta anche nell’ambito dell’incontro del gruppo Lima in Messico: elezioni «libere, trasparenti e credibili» non saranno possibili a causa del limitato dibattito pre-elettorale.

Il Segretario per la cooperazione internazionale per l’America Latina e i Caraibi (SECIPIC), Fernando Garcia Casas, ha partecipato rappresentando la Spagna in occasione della riunione dei ministri degli Esteri e delle Finanze del Gruppo Lima tenutosi nella capitale messicana. Nel corso della riunione, Garcia Casas ha espresso «profonda preoccupazione» perche il Venezuela sta afrontando «una situazione di degrado istituzionale, economico e sociale».

* Dati pubblicati su ElMundo
Se continuiamo con l’analisi, la crisi in Venezuela sta influenzando le campagne Presidenziali della Colombia (27 Maggio 2018 – .. 17 giugno 2018), del Messico (01 luglio) e del Brasile (7 ottobre 2018. 28 ottobre 2018.).

La Colombia è senza dubbio il paese più colpito dalla crisi migratoria venezuelana. L’ondata di migranti che ha ricevuto supera i 750.000 di persone, secondo i dati forniti nel mese di aprile dal direttore dell’Immigrazione Colombia, Christian Kruger Sarmiento.
«Il problema è ricorrente e i dibattiti sono stati affrontati anche dai candidati colombiani per le Presidenziali del 27 maggio. Si discute specialmente su come affrontare la crisi migratoria venezuelana «, ha detto Boris Miranda, corrispondente della BBC a Bogotà.
Ma se l’immigrazione di massa ha generato polemiche nella campagna presidenziale colombiana, ne da ancora più risalto la discussione circa la possibilità che la Colombia diventi un nuovo Venezuela. Il centro-destra ha ribattezzato questo fenomeno «il rischio dell’avvento del castrochavismo».
«Senza esplicitamente definire che cosa sia o come sia stato coniato, diversi politici lo usano per attaccare uno dei candidati più di sinistra: Gustavo Petro», ha dichiarato il corrispondente riferendosi all’ex sindaco di Bogotá, che ora è un candidato alla poltrona di presidente della Repubblica di Colombia.

In Messico, a marzo si è diffuso un video dalla rete televisiva di stato venezuelano nel quale il presidente Maduro esprimere il suo sostegno alla campagna del candidato alla presidenza della Rigenerazione Nazionale (Morena), Andres Manuel Lopez Obrador.
Il video era falso ma è stato visto da più di 20.000 di persone. «La questione del Venezuela appare ad intermittenza in Messico dal 2006, e sempre con riferimento alla sinistra del candidato Andrés Manuel López Obrador, che da allora è stato accusato di voler trasformare il paese in un Messico Chavista «, dice Alberto Nájar, collaboratore della BBC Mundo a Città del Messico.

Brasile: il Venezuela e il Brasile condividono una frontiera lunga circa 2.200 km, ma gran parte di essa è di selva amazzonica e di territori scarsamente popolati. Nonostante questo, migliaia di venezuelani hanno attraversato il confine per andare a vivere nelle strade della città di Boa Vista, capitale del Roraima, e Manaus, capitale dello stato di Amazonas. Questi eventi hanno convinto il governo guidato dal Presidente brasiliano Michel Temer a mobilitare le forze armate per offrire supporto alla crisi dei rifugiati. «La crisi in Venezuela è qualcosa che preoccupa i brasiliani, in particolare quelli appartenenti alle classi più conservatrici. Al confine settentrionale, nello stato di Roraima, il candidato di estrema destra Jair Bolsonaro, noto come il Trump brasiliano, è molto popolare. «E’ necessario il controllo delle frontierie per garantire una migrazione controllata «, dice Katy Watson, corrispondente della BBC in Sud America.

Le testimonianze raccolte che sono state scelte principalmente provengono da:

-Studenti venezuelani

-Famiglie venezuelane e colombiane e cittadini che hanno attraversato il confine Cucuta-Maicao.

-Venezuelani che si sono rifugiati in altri paesi e che sono fuggiti dal Venezuela.

* L’identità delle persone verrà mantenuta anonima per tutelarle da eventuali danni.

La prima testimoniana viene da Daniela (nome di fantasia) di circa 40 anni. Nella sua lettera ci dice che ha dovuto lasciare il paese perché preoccupata dall’insicurezza e dalla violenza dilaganti. Madre di tre figli ha lasciato il marito in Venezuela. Ci racconta del terrore che aveva quando decideva di fare una banale passeggiata o quando accompagnava i suoi bambini a scuola. Maria ha dovuto mandare i suoi figli in una scuola privata perché nella pubblica la situazione era completamente fuori controllo. «Una mia amica, anche lei madre di famiglia è stata derubata e fucilata in strada. E questo non è tutto, per comprare del cibo le code duravano in media da 3 a 6 ore e, una volta arrivati dentro il supermercato accadeva che le scorte di cibo fossero terminate».

– Non potevo lasciare la mia casa e il mio Paese. Ero prigioniera nella mia stessa casa rinchiusa, pregavo Dio. Poi ho deciso di fuggire perché reperire alimenti e medicine diveniva sempre più difficoltoso. Quando mi feci coraggio e mi recai in Spagna ero spaventata a morte. Gli agenti di polizia di frontiera mi fermarono incalzandomi di domande. Io dissi loro che stavo andando per turismo perché mi piaceva Madrid, avevo con me 1200 €. e grazie a Dio mio figlio improvvisamente inizió a parlare della cultura spagnola e della storia di Madrid e gli agenti ci lasciarono passare. Ora vivo in Spagna, dove i miei figli possono studiare, hanno il loro medico. Non devo fare nessuna fila per comprare del cibo se non alla cassa del supermercato, ma soprattutto, posso camminare senza il timore di essere derubata o uccisa. – ci dice Maria.

Bertha, è una madre venezuelana, i suoi figli ora vivono in Colombia. Bertha è demoralizzata e ogni giorno che passa è sempre più pessimista perché la violenza aumenta e beni primari scarseggiano. Se peggiorerà sarà costretta anche lei a lasciare il Venezuela. Quando le chiediamo se ha sperimentato qualche cambiamento nella sua qualità di vita risponde »Non c’è cibo, non ci sono medicine. Nelle scuole mancano gli insegnanti, nelle officine i pezzi di ricambio». Questa famiglia è solita attraversare il confine con la Colombia via terra per procurarsi del cibo, e una volta raggiunto, attraversa a piedi ponte per Cucuta.E’ sentire gioia e tristezza allo stesso tempo, tutto questo per ottenere quegli alimenti così preziosi. C’è molta tensione tra le guardie di frontiera e la traversata avviene senza mostrare alcun passaporto. La nostra compagna Bertha ha lasciato 10 anni fa il Venezuela ma si sente ancora venezuelana nonostante tutto:

-Mi sento bene quando vengo in Colombia perché la mia famiglia ed i miei amici mi accolgono sempre a braccia aperte, ma non tutti hanno la mia stessa fortuna. Molti compatrioti vengono rifiutati perché non hanno nessun aggancio, vivono di elemosina, lavorano nelle strade lavando i vetri o vendendo il proprio corpo per qualche pesos. Barranquilla, città del Caribe colombiano, è un esempio dell’aumento degli immigrati venezuelani e del razzismo crescente nei loro confronti.

I giovani venezuelani hanno voglia di far sentire la loro voce, Ricardo e Rafael sono due studenti che hanno avuto la fortuna di fare esperienze di studio all’estero, rispettivamente in Colombia e in Messico. Entrambi ci dicono che è complicato per loro analizzare la situazione venezuelana. Perché da una parte vivono nella loro zona di comfort, con la loro gente e la loro famiglia e si sentono a loro agio nella loro città d’origine. Ci sono aspetti che ostacolano una buona qualità della vita, ed è per questo che hanno deciso di emigrare in altri paesi ritenuti più «sicuri». Ricardo vorrebbe viverein un paese dove gli venga garantito uno stipendio proporzionale al costo della vita, con più sicurezza, impossibile in Venezuela. Ci dice inoltre che si sentiva molto più sicuro a Barranquilla, essendo in grado di camminare senza essere derubato. Ricardo vorrebbe tornare, perché non c’è davvero niente di meglio che poter vivere nel proprio paese di origine, vicino ai propri affetti.

Rafael è più duro nella sua narrazione:
– Convivo con molti sentimenti contrastanti; tristezza, disperazione, disagio ma anche speranza.
Tristezza: ogni giorno vedo persone che rovistano in cerca di cibo nella spazzatura, code immense nei mercati per poter comprare cibo il cui prezzo e’ imposto. Code dalle 4 del mattino fino all’apertura dei locali. Di tutte le persone in coda solo la metà riesce ad ottenere quello che vuole. In alcuni posti usano il numero del documento d’identità.

Disperazione: la situazione politica ed economica influisce su tutti gli aspetti della vita quotidiana. Ogni giorno mi chiedo perché sto continuando i miei studi e perché non vado a vivere all’estero aspirando ad uno stipendio dignitoso.

Disagio: ci infastidisce il fatto che la gente creda ancora nei leader politici che nel corso degli anni si sono dimostrati incapaci. Prima Maduro poi Chavez hanno fatto promesse irrealizzabili e la colpa è solamente nostra che gli abbiamo creduto. Ma oggi, nonostante tutto, ho ancora un minimo di speranza, per un cambiamento che un giorno, posso, voglio giurarci, arriverà.

 

Articolo di Alvaro Borrego.

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